ESTREMA LONGEVITA'
L'estrema longevità è
un fenomeno caratterizzato da un’elevata concentrazione di persone
molto longeve in certe aree geografiche.
In tre parti del mondo –
il villaggio di Vilcabamba nell'Equador, il piccolo principato di
Hunza nel Kashmir e le regioni montuose della Georgia nel Caucaso
sovietico – si hanno notizie di elevate concentrazioni di persone
molto vecchie, molte delle quali ultra centenarie.
Secondo un censimento del
1972 Vilcabamba, un villaggio sperduto delle Ande, aveva 819
abitanti, di cui nove (sette uomini e due donne) avevano già passato
i cento anni. La popolazione è di un ceppo europeo. Nell'aprile del
1976 il più vecchio del villaggio era Miguel Carpio, che aveva 129
anni. Vilcabamba, situata in una vallata a 1500 metri sopra il
livello del mare, si trova circa 350 chilometri a sud dell'equatore e
riceve tutto l'anno i raggi diretti del sole.
Gli abitanti di
Vilcabamba praticano un'agricoltura di sussistenza e in genere
lavorano fino a novant'anni e più. Le persone di ogni età sono
fisicamente molto attive. La loro dieta ha un basso contenuto di
calorie ed è particolarmente povera di grassi e di proteine animali.
Fra gli alimenti tipici vi sono fagioli, il granoturco, le patate, la
iucca (un ortaggio amidaceo), la zuppa di banane, il pane, la frutta
(papaya, arance, uva) e pochissima carne. Inoltre gli abitanti di
Vilcabamba bevono un rum artigianale e fumano tabacco. Gli anziani
del villaggio hanno uno status sociale elevato e partecipano
attivamente agli affari della comunità.
Il principato di Hunza,
amministrato dal Pakistan dal 1974, si stende fra le montagne della
catena del Karakorum ai confini del Pakistan con la Cina e
l'Afghanistan. I suoi abitanti, circa 40000, sono etnicamente diversi
dalle altre razze della regione e si crede che discendano dai soldati
di Alessandro Magno: hanno tratti somatici caucasoidi e assomigliano
agli abitanti dell'Europa meridionale. La loro lingua, che è diversa
da qualsiasi altra, lascia perplessi gli studiosi.
Sebbene non esista nessun
rilevamento paragonabile al censimento di Vilcabamba, il dottor
Alexander Leaf, direttore dei servizi medici al Massachusetts General
Hospital e professore all'Harvard Medical School, ha riferito di aver
visto << un insolito numero d’individui robusti che, sebbene
vecchi all'aspetto, si arrampicavano agilmente su e giù per i ripidi
pendii della vallata >>. Leaf trovò un uomo, Tulah Beg, che
nel 1973 affermava di avere centodieci anni. Tulah Beg era seguito,
in ordine di vecchiaia, da un altro uomo, di cui si diceva che avesse
centocinque anni. Secondo una leggenda locale, alcuni hunza hanno
vissuto fino a centoquarant'anni.
Gli hunza si tengono
attivamente in esercizio, percorrendo a piedi molti chilometri al
giorno. Nel corso del loro lavoro spesso sono costretti a portare
carichi pesanti su e giù per i ripidi versanti della loro vallata.
La dieta è costituita
principalmente da alimenti a base di granaglie, ortaggi frondosi,
patate e radici commestibili, piselli, fagioli, latte fresco e
latticello, frutta (soprattutto albicocche e more), carne in rare
occasioni e vino.
Gli
Hunza vivono infatti dei frutti della natura e soffrono anche un
lungo periodo di carestia nei mesi invernali. Adottano forzatamente
quello che i naturopati definiscono “digiuno terapeutico”.
L’altopiano su cui vivono, in Pakistan, è un luogo in gran parte
inospitale e non dà raccolto sufficiente per alimentare i 10.000
abitanti Hunza per tutto l’anno.
Coltivano
orzo frumento, miglio, grano saraceno e la verdura da orto: pomodori,
cavoli, spinaci, rape, piselli e avevano numerosi gli alberi di noci
e albicocche, ciliegie, more, pesche, pere e melograni. Fino a marzo
però, quando matura l’orzo, digiunano anche per settimane intere
(fino a due mesi in semi digiuno) per poter razionare i pochi viveri
rimasti in attesa del primo raccolto.
Il bello è che questa “bizzarra” consuetudine, che secondo vecchi concetti di nutrizionismo porterebbe a debolezza, morte e distruzione, al contrario nel corso degli anni ha prodotto nella popolazione hunza, delle straordinarie capacità di vigore.
Un Hunza può andare camminare tranquillamente per 200 km a passo spedito senza mai fermarsi.
Le forti doti di resistenza sono conosciute in tutto l’oriente, tanto che nelle spedizioni Himalayane, sono assoldati come portatori. Come gli anziani di Vilcabamba, anche i vecchi hunza non vivono isolati ma mantengono uno status sociale elevato. Il mir, il capo ereditario, si consulta quotidianamente con un consiglio di anziani, costituito da un gruppo di vecchi saggi. Essi continuano a fare dei lavori utili, come estirpare le erbacce dai campi, dare da mangiare al pollame, fare il bucato e badare ai bambini.
Il bello è che questa “bizzarra” consuetudine, che secondo vecchi concetti di nutrizionismo porterebbe a debolezza, morte e distruzione, al contrario nel corso degli anni ha prodotto nella popolazione hunza, delle straordinarie capacità di vigore.
Un Hunza può andare camminare tranquillamente per 200 km a passo spedito senza mai fermarsi.
Le forti doti di resistenza sono conosciute in tutto l’oriente, tanto che nelle spedizioni Himalayane, sono assoldati come portatori. Come gli anziani di Vilcabamba, anche i vecchi hunza non vivono isolati ma mantengono uno status sociale elevato. Il mir, il capo ereditario, si consulta quotidianamente con un consiglio di anziani, costituito da un gruppo di vecchi saggi. Essi continuano a fare dei lavori utili, come estirpare le erbacce dai campi, dare da mangiare al pollame, fare il bucato e badare ai bambini.
A differenza di Hunza e
di Vilcabamba, il Caucaso è un territorio molto vasto, che comprende
le repubbliche sovietiche della Georgia, dell'Azerbaigian e
dell'Armenia. La regione più nota per la sua alta concentrazione di
persone longeve è l'Abkhazia, nella Georgia meridionale. Il Caucaso
ha il numero maggiore e meglio documentato di persone ultracentenarie
di tutto il mondo. Secondo il censimento del 1970, nella regione vi
sono da 4500 a 5000 centenari. Di questi, 1844 vivono nella Georgia e
2500 nell'Azerbaigian. Shirali Mislimev, l'uomo più vecchio dei
tempi moderni, morì nel 1973 nell'Azerbaigian alla pretesa età di
centosessantotto anni.
Il clima del Caucaso
varia dall'altitudine, per cui si passa da quello caldo e umido delle
coste del mar Nero alle più asciutte condizioni continentali
dell'entroterra e delle regioni montuose. Sebbene sia più facile
trovare persone di età molto avanzata nelle regioni montane che nei
bassipiani, anche i villaggi della Georgia a livello del mare vantano
un numero cospicuo di centenari. Dal punto di vista etnico questi
rappresentano un gruppo eterogeneo, che comprende georgiani, russi,
ebrei, armeni e turchi. Questi individui longevi vivono per la
maggior parte in un ambiente agricolo e sono cacciatori, pastori e
agricoltori. Come gli anziani di Hunza e Vilcabamba, i centenari del
Caucaso rimangono vigorosi e sono membri utili e onorati della
società. La loro dieta però è diversa da quella degli hunza e gli
abitanti di Vilcabamba.
Da uno studio della dieta
di 1000 persone di ottanta e più anni, è risultato che il 60% era
costituito da latte, ortaggi, carne e frutta. Circa il 70% delle
calorie era di origine vegetale e il resto veniva dalla carne e dai
latticini. Il latte, soprattutto il latte acido, era la principale
fonte di proteine, e il pane era la principale fonte di carboidrati.
I centenari continuano inoltre a bere vino e vodka e a fumare fino a
un'età molto avanzata.
Il primo elemento da
prendere in considerazione nell'analisi del fenomeno della longevità
è la documentazione della durata della vita. Per quel che riguarda
Vilcabamba, si ritiene che gli estremi limiti di età di alcuni suoi
abitanti siano esatti perché trovano conferma nei registri
battesimali della chiesa locale. Il numero dei centenari del Caucaso
è in genere considerato ben documentato grazie in buona parte al
lavoro del professor G. E. Pitzkhelauri, direttore del centro
gerontologico di Tbilisi, nella repubblica sovietica e georgiana.
Pitzkhelauri divise le fonti di documentazione in tre categorie. La
prima, alla quale appartenevano i documenti che davano la data di
nascita (innanzi tutto i registri dei battesimi e delle nascite delle
chiese, ma anche i passaporti, le lettere e le scritte sulle porte e
sui muri), sono quelli cui fu dato il massimo credito. La seconda
categoria comprendeva la data dei matrimoni, che di solito era
ricordata bene, il tempo trascorso fino alla nascita dei figli e
l'età attuale dei figli stessi. La terza categoria di documentazione
si basava sul ricordo da parte dei centenari di avvenimenti storici e
locali di grande rilievo. Correlando l'età ricavata dalla prima
categoria di documenti con le fonti del secondo e del terzo tipo, si
scoprì che queste ultime erano precise nel 95% dei 704 casi
studiati. Per gli hunza la questione della data è più problematica,
perché l'hunza non ha una lingua scritta e non ha registrazioni di
alcun genere. In alcuni casi il mir ha verificato le varie età
dichiarate basandosi sulla propria conoscenza della storia dello
stato. Per il resto si è dovuto fare assegnamento sulle osservazioni
di ricercatori qualificati, come il dottor Alexander Lea.
Uno degli elementi di
maggior rilievo comuni a tutte e tre le concentrazioni di persone
longeve è il fatto che in genere si tratta di gente di montagna
dedita all'agricoltura, la cui vita quotidiana comporta un'intensa
attività fisica. Unita alla necessità di attraversare a piedi il
terreno montuoso, quest’attività fisica costante svolta fino alla
più tarda età sembra contribuire non solo al tono muscolare
generale, ma anche alla salute cardiovascolare.
Il dottor Lea, che ha
studiato le persone anziane di tutte queste zone, ha scoperto che le
fratture ossee erano una rarità, e ne ha dedotto che l'attività
fisica costante manteneva le ossa mineralizzate e quindi dense e
forti. Poiché a qualunque età l'inattività fa perdere alle ossa i
loro sali di calcio e porta all’osteoporosi (porosità e fragilità
del tessuto osseo), come succede in genere alle persone anziane, Lea
ritiene di poter affermare che l'esercizio fisico costante è <<il
più potente antidoto contro questa debolezza>>.
Il dottor David
Kakiashvili, un cardiologo georgiano che ha passato dodici anni a
studiare gerontologia, crede fermamente che l'esercizio fisico sia un
fattore di grande rilievo nella longevità. Un esame accurato del
cuore e dei polmoni di persone di età avanzata del Caucaso gli ha
rivelato l'esistenza di disturbi cardiovascolari di ogni genere.
Eppure, dal momento che queste persone sembrano resistere all'infarto
miocardio molto meglio degli abitanti delle città, Kakiashvili ha
concluso che l'attività fisica costante ne ha migliorata la funzione
cardiovascolare, <<per cui l'approvvigionamento di ossigeno al
muscolo cardiaco è molto superiore a quello degli abitanti delle
città>>. Le persone anziane del Caucaso soffrono, sì, di
attacchi cardiaci, ma a quanto pare questi attacchi sono silenziosi e
non sono avvertiti dalle vittime.
Il dottor Miguel Salvador
di Quito, nell'Equador, cardiologo di fama internazionale, si recò a
Vilcabamba nel 1969 alla testa di un'equipe di cardiologi e visitò
159 uomini e 180 donne di età avanzata. Non fu rilevata nessuna
incidenza della vecchiaia sulle arterie e nessuna affezione cardiaca
nei membri presenti e passati della famiglia. Miguel Salvador notò
che il villaggio non aveva né medici né ospedali, e che per curarsi
la gente digiunasse oppure prendeva qualche erba medicinale o qualche
altro rimedio naturale. Il dottor Salvador associò per altro lo
stato di salute più unico che raro di quelle persone anziane alla
loro dieta prevalentemente naturale, un altro fattore ampiamente
studiato della longevità.
La dieta tipica di Hunza
e di Vilcabamba è simile – basso contenuto di proteine e grassi e
alto contenuto di carboidrati – e viola gli standard dei dietologi
americani. Anche la quantità quotidiana di calorie è inferiore a
quella suggerita dall'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti per
le persone che hanno superato i cinquantacinque anni. Tuttavia in
nessuna delle due zone vi sono segni di obesità o di malnutrizione.
Il dottor Guillermo Vela
di Quito (Ecuador) ha studiato le usanze alimentari della popolazione
di Vilcabamba e ne ha tratto la conclusione che la dieta a basso
contenuto di grassi combatte l'arteriosclerosi, vale a dire il
processo di deterioramento delle arterie caratterizzato dal deposito
in esse di calcio e di grassi. In genere quasi tutti i medici sono
d'accordo attualmente su questa conclusione.
Agli inizi del '900 il
dottor R. McCarrison, un chirurgo inglese che nel 1927 diresse poi le
ricerche sull'alimentazione in India, condusse parecchi esperimenti,
nel corso dei quali somministro a dei ratti di laboratorio la tipica
dieta hunza. Per un periodo di due anni e tre mesi nessuno di questi
topi ebbe qualche tipo di malattia o morì per cause naturali. Quando
alla dieta hunza furono sottoposti dei ratti malati, questi
guarirono. Dei ratti sani sottoposti a una tipica dieta inglese o
indiana furono colpiti invece da svariate malattie. Da tenere
presente per altro la notoria difficoltà di fare dei raffronti fra
le esigenze alimentari degli esseri umani e quelle degli animali.
A tutta prima si avrebbe
l'impressione che la dieta tipica del Caucaso, che è meno rigida e
ha un più elevato contenuto di proteine e di grassi animali rispetto
a quella delle altre due località, abbia l'effetto di annullare
tutte le prove dietetiche raccolte nel principato di Hunza e a
Vilcabamba. Ma, secondo alcuni di questi centenari, un tempo la dieta
degli abitanti del Caucaso era costituite soprattutto da fagioli e
ortaggi, e solo negli ultimi anni è migliorata notevolmente. Secondo
Lea, esperimenti ben documentati con gli animali hanno dimostrato che
una dieta a basso contenuto di calorie nei primi anni di vita aumenta
la durata della vita. Non è escluso che gli esseri umani una dieta
povera di calorie nei primi anni di vita abbia la stessa importanza
di un consumo moderato di alimenti durante la mezza età e la
vecchiaia.
Il fattore genetico è
stato considerato strumentale per la longevità da molti scienziati.
Quasi tutti i centenari degli studi di Lea avevano almeno un genitore
o un consanguineo vissuto per più di cent'anni. Sebbene non vi sia
nessun gene direttamente responsabile della longevità, si ritiene
possibile che la semplice assenza di geni “cattivi” diminuisca il
rischio di malattie mortali. Così, in linea ipotetica, non è da
escludere che in comunità isolate come Hunza e Vilcabamba gli
individui privi, di geni “cattivi” siano diventati i capostipiti
di sacche isolate di centenari. Sebbene il Caucaso non sia così
isolato e così etnicamente puro come Vilcabamba e Hunza, si è
scoperto che la maggior parte dei suoi centenari sono anche figli di
genitori longevi.
Altre caratteristiche
comuni delle enclaves di persone longeve sono l'alto status sociale
degli anziani e il forte senso di continuità della famiglia. In
generale, le persone anziane sono stimate per la loro saggezza,
ritenuta frutto della lunga esperienza, e nell'ambito del gruppo
familiare di solito la loro parola e legge. Inoltre non esiste un
limite di età obbligatorio per andare in pensione. Da uno studio
condotto nella Georgia è risultato che le persone anziane morivano
rapidamente quando perdevano il loro ruolo utile nella comunità.
Un altro fattore
interessante, documentato dallo studio condotto da professor
Pitzkhelauri nel Caucaso, è la correlazione tra longevità e il
matrimonio. Di circa 15000 persone di ottanta e più anni, solo
quelle sposate, salvo rare eccezioni, raggiungevano limiti estremi di
età. Il matrimonio ed una vita sessuale regolare e prolungata erano
quindi importanti per la longevità: questa fu la conclusione di
Pitzkhelauri, il quale scoprì anche che le donne che avevano più
figli vivevano più a lungo.
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